mercoledì, aprile 30, 2008
Facciamo vedere ai lettori di che pasta siamo fatti
In America è scoppiata la bolla edilizia, gli aspetti più preoccupanti della crisi immobiliare statunitense non derivano dal crollo delle vendite, o dal calo dei valori, ma dalla stretta creditizia innescata dai 2 trilioni di dollari di subprime a rischio.
Mentre in Eurolandia i prezzi degli immobili hanno mostrato una moderazione della dinamica dei prezzi, in Italia il costo delle abitazioni è rimasto in linea con quello registrato nel 2007, a scattare la fotografia sul settore immobiliare è la Banca Centrale Europea.
Per il 2008 la crescita dei prezzi sarà in termini reali quasi azzerata: l'aumento sarà in linea con l'andamento del tasso di inflazione.
Nell’ultimo decennio il mercato immobiliare si è sviluppato esponenzialmente per volumi d’affari, stabilità della domanda, allargamento della fascia d’acquisto, modifica delle motivazioni alla compravendita e predisposizione alla mobilità della popolazione.
Da fenomeno ciclico, smentendo se stesso e ogni previsione, il mercato immobiliare, si è tramutato in fenomeno a ciclo continuo, è nata l’industria immobiliare... Dopo il ciclo positivo dell’economia mondiale (‘96 - ‘01) in cui l’immobiliare si è rimesso in moto, e il ciclo negativo (01’ - ‘04) in cui nel villaggio globale il mercato ha mantenuto le attese di bene rifugio, si è innescato un nuovo processo. Il fenomeno si è appalesato soprattutto negli Stati della nascente Unione europea, complice il bisogno di stabilità della nuova moneta e l’inevitabile abbassamento della BCE del costo del denaro per far ripartire l’economia.
La trasformazione della percezione dell’immobile da bene precipuo, quindi “immobile”, a prodotto del meccanismo “complesso” di un nuovo processo industriale che presuppone lo scambio e quindi la “mobilità” del bene e non necessariamente delle persone che lo posseggono, è la nuova realtà. Oggi tutto questo è possibile e porta con sé elementi di forte stabilità a patto che i soggetti dell’intero "establishment" ne siano consapevoli, fortemente motivati e preparati. Queste le “nostre” premesse per una nuova analisi al di là della schizofrenia di questi ultimi mesi sulla stampa quotidiana italiana che un giorno induce l’ignaro lettore all’acquisto di un immobile e due settimane dopo lo spinge alla vendita immediata paventando disastrosi crolli.
Eccessi tipici della stirpe italica, eppure il nostro Bel Paese più di altri, soprattutto nell’Ue, è fatto in gran numero di piccole e medie imprese e di una proprietà privata storicamente molto diffusa.
Questi elementi dovrebbero far meditare circa la tenuta della “struttura” immobiliare senza tener conto che nell’ultimo quarto di secolo, al di là dei titoli di Stato, il risparmio gestito ha brillato sì di iniziativa ma ha quasi sempre tradito pesantemente le aspettative dei risparmiatori. È quindi comprensibile la sfiducia della maggioranza degli italiani che non hanno nessuna voglia di investire.
E oggi? Dopo un'epoca in cui qualunque tipo di offerta immobiliare risultava appetibile, l'innalzamento dei tassi di interesse ha reso più selettiva la domanda, qualunque sia la sua disponibilità di spesa. La differenza oggi la fa l'acquirente, ma questo non significa necessariamente che sia un male.
Anni di crescita indiscriminata hanno impedito lo sviluppo di una logica di investimento. Che fare per gli operatori? Occorre tornare al lavoro delle costruzioni e intervenire su quanto è già costruito seguendo il percorso della valorizzazione.
Oggi il mercato si fa più selettivo, ma il mattone è sempre a galla.
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