martedì, agosto 02, 2005

Truffa e condono, abusivi beffati

Era tutto finto. Finti i versamenti, finti i bollettini per le domande di condono, finte persino le date di completamento dei lavori delle costruzioni. Il gip del Tribunale di Napoli ha firmato due ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di un ingegnere cinquantenne e di un geometra sessantaduenne, accusati di aver truffato il Comune di Pozzuoli e lo Stato falsificando decine di versamenti in conto corrente, allegati alle istanze di sanatoria edilizia. Un’autentica truffa ma anche una beffa per quanti si sono rivolti (sono circa una sessantina) ai due indagati: le domande di condono sono incomplete per la mancanza delle oblazioni. E il Comune, nei prossimi giorni, potrebbe essere costretto a ordinare la demolizione delle opere illegali. I due avevano dato vita, secondo gli inquirenti, a una serie di condoni virtuali, perché in realtà nelle casse comunali non è entrato nulla. Un imbroglio costruito in tavolino con l’aiuto di un computer, una stampante e tanti timbri fasulli.

Bisogna mettere “il mattone” in bolla

Pochi settori come l'immobiliare hanno consentito di creare grandi fortune partendo da poco o, al contrario, causare grandi dissesti da basi apparentemente solide. Le tecniche degli operatori negli anni si sono affinate e hanno mutuato dalla finanza (con cui l'immobiliare va a braccetto) i più fantasiosi vocaboli in lingua inglese. I segreti di base del mestiere sono però sempre gli stessi. La prima parola d'ordine è: acquisti all'ingrosso, vendite al dettaglio. O almeno le vendite al dettaglio devono essere promesse, anche se magari la complessa fase di frammentazione dei lotti la farà qualcun altro. Ovvero, utili dal dettaglio e costi (ma talora anche perdite) all'ingrosso. Un po' come, da qualche tempo, si suoI dire anche per le banche. La seconda chiave del successo e dei guai, è banale ma sempre da ricordare, è la ciclicità del settore. Negli ultimi 20 anni sono stati almeno tre i cicli del mattone, più o meno accentuati e sfasati rispetto all'andamento delle borse. Le grandi fortune, soprattutto quelle che emergono all'improvviso, sono spesso legate a un fortunato timing. A parte gli investitori istituzionali/assicurativi, sino a ieri acquirenti strutturali, sono una relativa minoranza gli immobiliaristi che hanno attraversato con successo più cicli. Pochi i nomi noti, alcuni hanno nei cromosomi l'understatement, visione di lungo termine, prudenza e selettività.
Un terzo aspetto chiave è l'utilizzo della leva finanziaria. L'indebitamento è un elemento chiave non solo per valutare le enormi possibilità di guadagno o di rischio degli investimenti; l'abbinamento debiti/immobili fa anche capire che se il mattone in se è un investimento relativamente sicuro il settore immobiliare, a causa della leva, implica volatilità e rischio. Quando la domanda inizia a salire le possibilità di guadagno e i margini che l'indebitamento consente accelerano il trend; quando inizia a cedere il peso del debito può costringere a uscite rapide, innescando un'altrettanto rapida discesa dei prezzi. Ovviamente, con differenze tra i comparti: residenziale, commerciale, uffici, industriale; L'utilizzo di una leva sempre più spinta oggi è favorito dai tassi di interesse ai minimi storici. Un'analisi più estesa porta peraltro ad affermare che sono i tassi reali e altri trend macroeconomici a risultare determinanti. Negli anni 60-70 i tassi di interesse erano alti, ma chi si fosse indebitato per acquistare immobili (magari a tasso fisso, come allora era più di moda) in un contesto di alta inflazione avrebbe comunque fatto buoni affari. Ma soprattutto in quel periodo i trend demografici, di mobilità legata allo sviluppo industriale e di crescita del reddito delle famiglie erano i veri driver del settore. Driver che almeno oggi non sono così evidenti. La molla oggi prevalente è l'abbondante liquidità. Ma l'approdo finale (famiglie/aziende) dei patrimoni immobiliari non pare solido come in passato. È noto che diversi grandi blocchi immobiliari sono passati per più mani. Di volta in volta riconfezionati, ma sempre scambiati tra operatori specializzati: investitori istituzionali, immobiliaristi, fondi, trader. La porzione di mezzi propri iniziali veri, già di per se limitati, si diluisce a ogni compravendita. Se nella prima operazione il rapporto debito/mezzi propri era 80 a 20 l'estrazione di valore a ogni passaggio ha ridotto progressivamente la base patrimoniale. Tutto ciò è favorito da un quarto elemento. Le operazioni si basano di norma su strutture finanziarie sempre più lunghe e basate su rate di rimborso crescenti nel tempo o bullet alla scadenza. Ciò facilita i guadagni di chi entra per primo. Ma se, come detto, gli immobili non trovano una destinazione finale reale (aziende o famiglie) equilibrata in termini di prezzo o di sostenibilità di affitti in relazione al reddito disponibile i nodi vengono al pettine. Se frazionamento e vendita non hanno successo sino in fondo si tira avanti un po' grazie ai periodi lunghi e ai preammortamenti. Sperando magari che il ciclo riparta. Quando però maturano le rate pesanti sui finanziamenti la bolla può scoppiare. Come noto, le grandi operazioni immobiliari, chiunque ne sia il promotore, sono tutte basate su finanziamenti non recourse. In pratica, il promotore risponde del buon esito dell'operazione solo con la minima porzione di patrimonio che ha allocato a quella specifica iniziativa. Tutti gli immobiliaristi, per esperienza propria o di terzi, hanno imparato bene a utilizzare questa tecnica. Così, gira che ti rigira, sono le banche i veri stakeholders dell'immobiliare; magari anche quando sono state venditrici di patrimoni propri, formalmente ceduti a terzi con effetti apparenti positivi sul proprio conto economico e patrimoniale.

Popolo del mutuo, il tasso può far male

Secondo il Financial Times, il governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan, non ha fatto abbastanza per mettere in guardia le famiglie americane dall'indebitamento a basso tasso di interesse per i mutui immobiliari. E ora che i tassi stanno salendo molte famiglie rischiano lo strangolamento, per eccesso di oneri finanziari rispetto alloro reddito mensile. La colpa starebbe soprattutto nel fatto che Greenspan nel 2004, quando c'era ancora bisogno di stimolare la domanda per far crescere l'economia, ha molto pubblicizzato le virtù dei mutui a tasso variabile a breve termine per la casa. Il tasso variabile a breve del 2004 negli Stati Uniti era sotto quello d'inflazione ed è anche adesso molto allettante. Talmente allettante che la gente continua a indebitarsi con i mutui edilizi. Ma fra poco il tasso a breve salirà e cominceranno le difficoltà. il problema è grosso negli Stati Uuiti e in Gran Bretagna, altro paese dove le tecniche bancarie di prestito alle famiglie sono raffinate. Il credito familiare negli Stati Uniti tocca 1'80% del prodotto nazionale e nel Regno Unito 1'85. E la porzione dei mutui ipotecari nei due paesi è del 70%. Sia in America che in Inghilterra il rischio di insolvenza, a causa di oneri finanziari dovuti al rialzo dei tassi, per le famiglie che, allettate dai tassi variabili, si sono esposte oltre misura, è grave. Il Finandal Times ha solo parzialmente ragione di prendersela con Greenspan. Dovrebbe soprattutto prendersela con le banche che, attratte dai profitti differenziali, hanno spinto i mutui ipotecari a tassi variabili come grande trovata di nuova finanza. Divenuto meno interessante l'investimento in Bot, le famiglie, anche in Italia, si sono rivolte all'investimento immobiliare. I prezzi delle case sono aumentati vertiginosamente ma ciò non ha rallentato gli acquisti perché le banche hanno offerto mutui con interessi di poco superiore al tasso di inflazione. Da noi il debito bancario delle famiglie è solo il 17% del Pil e quello ipotecario il 12%. Ma questa percentuale è doppia rispetto a quella del 1996. Se la Banca centrale europea aumenterà il tasso, il mal di mutuo, per molti, potrebbe essere un guaio serio.

Nella casa dell’ex, cornuti e mazziati

La ex moglie, infedele durante il matrimonio, dopo la separazione può vivere con il suo nuovo compagno nella casa di proprietà esclusiva del suo ex marito quando l'abitazione le sia stata assegnata in quanto i figli minorenni sono stati a lei affidati. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 23786.
Con questa decisione la Suprema Corte ha respinto il ricorso di Donato P. contro la decisione della Corte di appello di Taranto che aveva stabilito che ''non potesse essere imposto, alla sua ex moglie, di non convivere con il suo attuale compagno nell'abitazione assegnatale perché si verificherebbe una illegittima restrizione della sua libertà personale''.
Invano contro questa pronuncia Donato P. ha reclamato in Cassazione sostenendo che era una pronuncia iniqua ''soprattutto sotto il profilo etico-morale, dato che al coniuge infedele era stato consentito il vantaggio di occupare la casa coniugale di sua esclusiva proprietà, posta in un fabbricato costruito per la sua famiglia d'origine ed abitato dai suoi genitori e dai suoi tre fratelli''. In tema di separazione personale - hanno spiegato i provvedimenti di affidamento dei figli minori prescindono dalle responsabilità dell'uno o dell'altro coniuge, e devono essere adottati con esclusivo riferimento al superiore interesse morale e materiale della prole stessa: e poi con la separazione, cessa l'obbligo di fedeltà reciproca fra i coniugi, prettamente connesso alla convivenza''. In pratica, dopo la separazione, chi ha ricevuto l'assegnazione della casa coniugale può viverci con chi gli pare.