mercoledì, aprile 08, 2009
Ex-Alfa di Arese: dalle auto alle lettere. Penati vorrebbe trasferirvi il centro di smistamento di Roserio.
La Fiat chiude i battenti e le ultime 350 tuteblu se ne vanno, al loro posto capannoni trasformati in depositi e sempre meno operai.
Non è questione di destra o sinistra, operaismo o capitalismo, la chiusura di una grande fabbrica non è mai una bella notizia, vi si assiste con lo stesso sconforto e il senso d'impotenza con cui si apprende di un naufragio: il mare che si apre, l'enorme massa di metallo del bastimento che lentamente scompare trascinando con se uomini e mercanzie.
Capita però alle volte che alle navi, come alle persone, non sia riservata una fine definitiva, esistono le secche e o i porti dove invecchiare abbondonate e inutilizzate, con le carcasse che cuociono al sole e si scavano per effetto del vento e della salsedine.
Per i bastimenti è una rarità, per le aree industriali quasi la regola, chi è imprenditore cerca di esserlo fino in fondo e cacciati gli operati e dismesse le linee di produzione c'è da speculare sul recupero dell'area, il che tradotto all'italiana significa riconversione da zona industriale a zona ad uso commerciale o civile.
Un po' quello che sta succedendo all'ex-Alfa di Arese, il grande polo alle porte di Milano nato nel 1961 anche se decisamente sotto una cattiva stella se, dopo aver prodotto Giulia, Alfetta, Giulietta e Alfa 75, nel 2000 ha chiuso i battenti, colpa di un drastico ridimensionamento che ha portato al licenziamento di 14.000 operai, ai quali nel corso degli anni se ne sono aggiunti altri 3.500.
Due milioni e trecentomila metri quadri che dopo il tramonto della grande epopea del biscione (che pure all'interno del grande complesso si era tenuta il proprio centro direzionale e un'officina per il collaudo motori) non hanno goduto vita facile: il rilancio tanto auspicato non si è infatti mai concretizzato...
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