sabato, luglio 30, 2005

“La guerra dei roses”

Se ti assegnano i figli hai diritto anche alla casa

In caso di divorzio, la casa coniugale può essere assegnata solamente al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età, purche non autosufficienti economicamente. Lo ha sottolineato la Corte di cassazione con la sentenza n. 408 del 2005, depositata lo scorso 12 gennaio. Nel caso esaminato dalla Corte la casa coniugale era stata assegnata alla moglie in sede di divorzio, in quanto a lei erano state affidate le figlie minorenni. Passati alcuni anni, a fronte dell'uscita di casa di una delle figlie e della raggiunta indipendenza economica da parte della figlia che era rimasta a vivere con la madre, il marito ha chiesto la modifica delle condizioni del divorzio al fine di ottenere la revoca dell'assegnazione. La domanda è stata respinta dal Tribunale, ma è stata accolta dalla Corte d'appello. La moglie ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione per ottenere la riconferma dell'assegnaz.ione. La materia dell'assegnazione della casa coniugale nella separazione e nel divorzio è stata lungamente dibattuta dalla giurisprudenza negli anni passati, con esiti contrastanti. Da una parte c'è la tesi secondo cui la casa coniugale può essere assegnata solo in favore del genitore affidatario dei figli (oppure di quello convivente con i figli maggiorenni), con la conseguenza che, in assenza di figli, o comunque in assenza di figli ancora dipendenti dai genitori, la casa resta nella disponibilità del proprietario (o del titolare del diritto personale di godimento in virtù del quale era abitata). Dall'altra parte, però, c'è anche la tesi secondo cui, anche in assenza del criterio relativo ai figli, la casa può essere assegnata anche in favore del coniuge economicamente più debole, come prestazione in natura, totale o parziale, del mantenimento. Questa seconda tesi, con particolare riferimento al divorzio, si fonda sull'infelice formulazione della legge. Osserva infatti la norma (articolo 6, comma 3, legge divorzio) che: «L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età». Tuttavia, la norma precisa anche che: «In ogni caso ai fini dell'assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole». E sulla base di questa precisazione è stata costruita la tesi favorevole al coniuge più debole che è stata riportata in precedenza. La questione è stata a lungo dibattuta dalla Cassazione con esiti contrastanti, tanto che la Corte, nel 1995, con la sentenza a sezioni unite n. 11297, ha composto il contrasto giurisprudenziale interno con una decisione favorevole alla tesi più rigorosa, secondo la quale: «L'assegnazione della casa familiare nel giudizio di divorzio è ammissibilc soltanto a favore del genitore affidatario dei figli minori o con il quale convivono i figli maggiorenni economicamentc (senza loro colpa) non autosufficienti». Pertanto, in assenza della necessità di beneficiare i figli, l'articolo 6, comma 6 della legge sul divorzio «non attribuisce al giudice il potere di disporre l'assegnazione a favore del coniuge che non vanta alcun diritto - reale o personale - sull'immobile». Tuttavia, negli anni successivi, vi sono state altre sentenze della Cassazione favorevoli al coniuge più debole; la pronuncia attuale; in linea con la citata sentenza del 1995, accoglie la tesi più rigorosa sopra descritta, ribadendo che l'assegnazione si giustifica solamente con «1'esigenza di garantire l'interesse dei figli alla conservazione dcll' ambiente domestico. Riguardo all'interpretazione della disposizione, con particolare riferimento all'accenno in essa contenuto circa la tutela del coniuge più debole, la Corte sottolinea che «il favore nei confronti del coniuge più debole non può essere letto separatamente dal contesto in cui la previsione è inserita, e interpretato come l'enunciazione di un criterio applicabile di per sè, ma va invece messo in relazione al contenuto dell'intero articolo 6, che riguarda esclusivamente i rapporti degli ex coniugi con i figli.

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