venerdì, luglio 15, 2005

Totò truffa all’italiana


"Toto' con il suo complice (Nino Taranto) organizza una finta trattativa per la vendita della fontana di Trevi ad uno sprovveduto emigrato italo-americano di nome "Deciocavallo".Non appena il rialzo di prezzo offerto dall'americano raggiunge il valore desiderato dai truffatori,Toto' ferma le trattative dicendo al complice: " ....lui mi da 500.000 lire e la fontana la do al PROVOLONE!! " e "Toto' travestito da donna ,finge di sedurre il padrone di casa verso il quale e' moroso di diversi mesi di affitto e gli dice: "....ma lei con quegli occhi mi spoglia!......SPOGLIATOIO!....." ; e il padrone di casa risponde:"...signora non faccia cosi' ....io sono un uomo!" e Toto': "....e ANCH'IO!...." "Durante la stessa scena Toto' lamenta di essere una donna che ha un'intera famiglia sulle spalle : padre, fratello, marito e figli...e il padrone risponde:"perche' avete figli?" e Toto': "..No, sono solo 20 anni che siamo sposati...ci dia tempo,non sono mica fiaschi che si abboffano!!.."
Sono quisquiglie, pinzillacchere, le truffe raccontate nei film degli anni ‘60 dal grande principe Antonio De Curtis a confronto del nostro quotidiano iperbolico (qui di seguito) e senza poesia. Ma il miraggio è lo stesso fare l’affare della vita a poco prezzo; sono cambiati i tempi perchè oggi l’informazione per non cadere nelle trappole non manca e sono cambiate le vittime personaggi acculturati e di ceto medio e alto ma la cupidigia e l’avidità è sempre la stessa ... allora Votantonio!

“Quegli immobili venduti a prezzi troppo popolari”
La truffa era organizzata da un ex dipendente dell’ufficio imposte che vendeva alloggi statali, è stata condannata a sette anni di reclusione, le vittime sarebbero state una quindicina. Solleticava i potenziali acquirenti con la richiesta di prezzi da saldi. Ma poi l’affare sfumava e la caparra pure. Appartamenti a prezzi popolari. Case con terrazzo, attici in palazzi d’epoca del centro. Con la richiesta di case che soffoca Milano e i prezzi al metro quadro dalla crescita inarrestabile, si trattava di un miraggio difficile da non voler vedere. Si era fatta una cultura immobiliare l’ex dipendente dell’ufficio delle imposte, condannata in questi giorni dal Tribunale di Milano a sette anni di reclusione per truffa ed estorsione. Con un complice, la donna proponeva le case del demanio in vendita a prezzi stracciati. Si presentava come l’intermediario incaricato dallo Stato di chiudere l’affare. Unica condizione per avere l’immobile: versare una profumata caparra. Ma poi come in tutte le commedie degli equivoci accadeva l’imprevisto che mandava a monte l’affare. Così addio casa, caparra e ovviamente intermediaria. I casi di truffa accertati sarebbero una quindicina. Tra loro anche professionisti e la madre e la fidanzata di un parlamentare. L’inchiesta è stata condotta dal pm Claudio Gittardi. Secondo l’accusa, la donna, quasi sessantenne, e il suo complice, un intermediario over 70 che ha già patteggiato la pena, hanno svolto i loro «affari» fino a tre anni fa. Per prelazionare gli immobili del demanio in via di dismissione richiedevano il versamento di somme tra i 10 e i 50 milioni del vecchio conio, con l’ingresso dell’euro il cambio è stato fatto “all’italiana” e cioè tra i 10 mila e i 50.000 euro. Dopo il pagamento della caparra i due allettatori, telefonicamente comunicavano che l’affare era andato a monte. L’ex dipendente dell’ufficio imposte sapendone bene di iter burocratici faceva intendere che erano sopravvenuti inghippi procedurali e ritardi burocratici. Mille scusanti per giustificare il fatto che l’affare fosse sfumato. Secondo l’inchiesta la donna non si sarebbe però limitata a lusingare le vittime, piuttosto si sarebbe servita di picchiatori (non identificati) una volta per minacciare un cliente allo scopo di ottenere il versamento di una somma considerevole e un’altra volta per malmenare un uomo che aveva chiesto la restituzione della caparra versata.

Quella banca è clandestina!
Una banca a tutti gli effetti, ma senza avere l’autorizzazione a raccogliere e prestare denaro in Italia. Per almeno tre anni hanno agito indisturbati nel cuore della Chinatown milanese, riuscendo a mettere a segno un volume d’affari di 40 milioni di euro, raccolti tra la comunità cinese. L’organizzazione finanziaria, la prima in Italia, aveva esposto, nelle vicinanze della via Paolo Sarpi, l’insegna falsa della Western Union, una copertura che serviva per occultare le attività della banca clandestina, guidata da un’organizzazione cinese che si spacciava, tra l’altro, come compagnia di assicurazione con la complicità di tre italiani, funzionari di banca. Un’attività ricostruita dalla polizia valutaria della Guardi di Finanza, attraverso i quasi mille libretti nominativi di deposito (949 quelli censiti) sequestrati, tutti rigorosamente intestati a cinesi, dove venivano registrate le operazioni effettuate dagli pseudo-correntisti: depositi, prelievi, calcolo degli interessi fino al saldo del conto. Ma i servizi offerti non si fermavano qui. Chi si rivolgeva all’agenzia - hanno accertato le indagini – lo faceva per ottenere servizi di assistenza commerciale e finanziaria. Lo sportello era anche in grado di effettuare trasferimenti all’estero, così come concedere mutui per operazioni immobiliari valutate in circa 5,5 milioni di euro. A queste cifre si aggiungono crediti per 8,5 milioni e presiti per 7 milioni, per un volume complessivo di 15 milioni. Lo sportello bancario abusivo di Milano potrebbe essere soltanto la punta di un iceberg, sotto la quale si nasconde una più complessa organizzazione che conta sulla scarsa propensione dei cinesi all’utilizzo dei canali ufficiali per le loro movimentazioni di denaro.

Giovanni Pivetta

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